PALAZZO TONINI DEL FURIA

L'edificio sorge su preesistenze medievali, con una facciata su Lungarno maestosa ed improntata al decoro e rispetto del luogo e con il perimetro laterale caratterizzato da un diverso andamento, segno della fusione di più edifici.1
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La famiglia Tonini del Furia ebbe il riconoscimento della cittadinanza pisana, loro che erano originari di Buti, nel 1514. Nel XVII secolo la famiglia acquisì una tale notorietà da far eleggere Pietro di Matteo, capostipite della suddetta casata, Operaio della Chiesa e Convento di San Francesco. Residenza pisana dei Tonini era quell'immobile situato su Lungarno Pacinotti, tra la Chiesa dei Galletti e via Curtatone e Montanara, Palazzo Tonini appunto. Il lustro dell'abitazione fu evidenziato dal Cavaliere Stefano Bertolini2 che in uno dei suoi numerosissimi testi scrisse “...la bella veduta di lung'Arno si gode specialmente dalla casa Tonini”.
Nel Fondo Fiumi e Fossi l'immobile è così descritto: “...un palazzo a tre piani con chiostro, pozzo, fonte, stalla, rimesse ed altre appartenenze; e con l'ingresso ancora sulla via San Frediano...”.
Sulla facciata del palazzo è posto uno stemma di notevoli dimensioni in marmo, che rappresenta un levriero. Tale effige ricorda che in antichità questo edificio era stata la dimora dei Da Vecchiano, una importante famiglia di notai pisani che la cedettero, appunto, ai Tonini nel XVII secolo.
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1La duplicità del trattamento delle pareti laterali si deve al rispetto delle gerarchie classiche riguardo all'iconografia e alle precise indicazioni di rinnovo dei Lungarni, che si consideravano parte integrante del patrimonio architettonico cittadino, che si è diffuso nei secoli Settecento ed Ottocento.
2 Stefano Bertolini (Pontremoli, 1711 – Firenze, 1782) è stato un giurista italiano, ministro della giustizia nel Granducato di Toscana. Laureato alla facoltà di giurisprudenza all'Università di Pisa, intraprese fin da giovane viaggi in Svizzera, Francia, Inghilterra ed ebbe così occasione di scambio interculturale. Rivestì importanti incarichi nel Granducato di Toscana, fino ad essere nominato consigliere di Stato nel 1782.