La ricerca di informazioni sul Palazzo dell’Orologio è stata fatta nella fase iniziale del lavoro, durante le prime visite agli archivi storici. Successivamente abbiamo deciso di concentrare la nostra attenzione sui Lungarni, ma, vista l’approfondita indagine effettuata e la mole di informazioni reperite, ci sembrava comunque opportuno riportare nell’appendice di tutti i Palazzi analizzati anche questo, seppur in un secondo momento scartato.
Il Palazzo dell’Orologio, già Palazzo del Capitano del Popolo o Palazzotto del Buonomo, si sviluppa sull’area divisa da una strada di origine medievale, che, sorpassando il voltone decorato a grottesche, immette in Piazza dei Cavalieri.
I due corpi principali, che sono uniti in quest’unico edificio, presentano un diverso orientamento e, col loro raccordo, danno luogo all’ampia concavità della facciata. Tale soluzione, di alta efficacia urbanistica e architettonica, denuncia chiaramente le intenzioni progettuali dell'architetto Giorgio Vasari, volte a creare una visione integrale del sito urbano.
Prima dell’intervento in età medicea, erano presenti due strutture diverse sia per tipologia che per cronologia. Esistevano, infatti, una casa-torre o palazzo, nella parte sinistra, e una torre nella parte destra, collegate tra loro, almeno dal Quattrocento, da un cavalcavia.
Il corpo a sinistra fu realizzato all’inizio del Trecento ed era, originariamente, di proprietà dei Gualandi. Esso fa parte di quel gruppo di costruzioni pisane sviluppate a loggia al piano terreno e dotate di polifore[1] al piano superiore. Era caratterizzato da muratura continua, nella quale al piano terreno si apriva la duplice loggia, mentre al piano superiore erano collocate le quadrifore, in corrispondenza verticale.
Questa tipologia edilizia era poco frequente in ambiente pisano, ma era riscontrabile anche in un’altra zona della stessa Piazza, e cioè nell’edificio incorporato nel Palazzo del Consiglio dei Dodici. I resti dei tre pilastri sulla facciata principale e varie tracce di muratura continua in pietra nella zona superiore della stessa facciata, ricordano ancora oggi quello che doveva essere lo stato e l’aspetto dell’edificio nel Medioevo.
Sul lato destro del Palazzo dell’Orologio, invece, era situata la tipica struttura a torre, originaria dell’XXI secolo, di impianto verticale e massiccio e dotata di poche aperture. Alcuni particolari della struttura, come una portafinestra e ampie superfici di muratura in pietra verrucana, sono stati messi in luce durante l’ultimo restauro, effettuato non molti anni fa.
I frammenti di un arco, affiorato durante gli ultimi lavori nel sotterraneo del Palazzo in corrispondenza di un muro perimetrale, comprovano l’adiacenza dell’area in oggetto all’antica cinta muraria cittadina, precedente quella realizzata dopo il 1156.
Le prime attestazioni sulle strutture medievali risalgono alla fine del Duecento: si tratta di un pagamento di affitto (di 10 lire in denari pisani), da parte del Comune ad un procuratore dei nobili “de domo Gualandorum”[2], e di un atto, dell’anno 1277, che risultava rogato “in domo Gualandorum posita apud Septem Vias”[3]. E’ qui, nella torre Gualandi, detta in seguito “della fame” o “muda”, che fu lasciato morire di fame, nel marzo 1289, il conte Ugolino insieme ai due figli Gaddo e Uguccione e a due nipoti, immortalati da Dante nel canto XXXIII dell’Inferno. La torre era dunque il carcere comunale e tale funzione fu mantenuta per più di due secoli[4]. Successivamente, attorno al 1330, insieme all’edificio sulla sinistra, la torre fu data in affitto come residenza del Capitano del Popolo e prese poi il nome di Palazzetto di Giustizia. Per un breve periodo, attorno al 1362, fu abitato dagli Anziani, ovvero dai cavalieri appunto ormai anziani dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano il cui quartier generale era il Palazzo della Carovana.
A partire dal 1406, e quindi nel periodo del dominio fiorentino, divenne sede prima della magistratura del Capitano di custodia e balia, poi dei Commissari. Questo periodo, quasi secolare, di dipendenza da Firenze coincise con la decadenza dei vari immobili della famiglia Gualandi. Oltre al Palazzo in questione, infatti, i Gualandi possedevano le case vicine, che furono in seguito inglobate nel Palazzo dell’Orologio. Inoltre, in seguito alla condanna di un membro della casata Gualandi come ribelle, gran parte del patrimonio della famiglia fu confiscato, ma ne restarono esenti proprio gli edifici della Piazza.
Lo stato in cui il complesso edilizio è giunto all’intervento vasariano è testimoniato dalla pianta di Pisa attribuita a Giuliano da Sangallo, in cui si notano nell’area del Palazzo i due corpi ben distinti (allora collegati da una volta di dimensioni ridotte). Nonostante il passaggio ai Cavalieri stefaniani, la planimentria restò immutata per tutto il Cinquecento, mentre le funzioni, ovviamente, cambiarono. Il corpo sinistro, infatti, durante i primi lavori predisposti dall’Ordine, venne adibito ad infermeria e prese il nome di Palazzotto del Buonomo. Tra il 1562 e il 1564 servì come base logistica del cantiere vasariano: vi risiedevano architetti e ingegneri e lo stesso Vasari terminò qui il progetto per il Palazzo della Carovana[5]. I lavori compresi nel periodo 1564-1566, sotto la direzione di David Fortini, videro l’ampliamento della casa-torre con un casolare di proprietà della famiglia pisana dei Sancasciani, confinante con l’edificio[6]. Alla fine del 1566 cominciò a funzionare l’infermeria, collocata al primo piano. Gli infermieri abitavano al secondo piano, mentre le stanze all’ultimo piano erano ancora destinate al carcere. Nei tre decenni successivi, l’articolato progetto vasariano di tutti gli edifici della Piazza, non fu tradotto in opera, perché la sua attuazione dovette seguire una gerarchia ben precisa. La realizzazione del Palazzo dell’Orologio, infatti, doveva essere preceduta da quella del Palazzo della Carovana, che fu terminato velocemente, e da quella della Chiesa, che alla morte del Vasari, invece, non era ancora finita. Prima del Seicento, gli stanziamenti dell’Ordine si limitarono alla costruzione di una piccola cucina sopra la volta per il Priore della chiesa, alla realizzazione, dietro la torre “della fame”, di un nuovo pozzo (1578-79) e delle nuove stalle ad uso della Carovana[7].
In seguito, l’interesse per questo edificio, rinacque con Ferdinando I, che dava risalto al perfezionamento delle opere urbane attraverso il rinnovamento delle facciate, cui si applicavano simboli e allegorie della nuova dinastia. Nel 1603, infatti, il Granduca incaricò l’ingegnere Cosimo Pugliani di realizzare il disegno dell’edificio e gli anni 1605 e 1608 vedono poi l’intervento totale, con la realizzazione del corpo destro nel quale fu inglobata la torre e l’unione dei due corpi tramite un ampio cavalcavia sopra la volta. L’incorporazione della torre e di altri frammenti delle strutture restrostanti giustifica l’irregolarità dello sviluppo planimetrico, il cui perimetro suggerisce tuttavia la ricerca di effetti di simmetria.
Nel 1607 i preparativi per la facciata erano in uno stato vanzato. La decorazione ad affresco, per la quale Bartolomeo Atticciati, falegname allora al servizio dell’Ordine, preparò il modello, fu compiuta sul programma pittorico di Ridolfo Sirigatti, allora Conservatore Generale, mentre la realizzazione fu affidata ai pittori Giovanni Stefano Maruscelli, A Filippo Paladini e a suo figlio Lorenzo. Filippo Paladini morì nell’aprile del 1608 e Lorenzo “durò poche settimane”, fu quindi il Maruscelli a portare a compimento l’opera nel 1609. L’affresco era caratterizzato da effetti di vivace cromatismo con l’intenzione di esaltare il “buon governo mediceo” tramite figure simboliche di virtù o e arti liberali e meccaniche. La decorazione pittorica si mantenne in buono stato fino alla metà del Settecento.
La torretta campanaria fu realizzata nel 1696, ma le vicende per il collocamento dell’orologio si erano protratte per tutto il Seicento. In principio si prevedeva di collocarlo nel coronamento del campanile della Chiesa dei Cavalieri di Santo Stefano, poi si propose di collocarlo sulla sommità della facciata della chiesa stessa, ma per il timore di eventuali incendi, fu spostato nel campanile. A causa dell’umidità a cui era esposto il meccanismo, però, l’orologio era caratterizzato da un cattivo funzionamento e si decise di realizzare la torretta marmorea per la campana e di collocare l’orologio nella soffitta del Palazzotto, dove ancora oggi rimane.[8]
Per tutto il Settecento il Palazzo, detto ormai dell’Orologio, fu abitato dai Cavalieri Anziani. Dal 1808 l’Ordine fu abolito e rimase per due anni al Demanio sotto la dominazione francese. Nel 1810 l’Amministrazione del Debito Pubblico toscano vende il Palazzo per due terzi a Elisabetta Rosini e Francesco Bicchierai e per un terzo all’Opera del Duomo. Nel 1811 una parte fu ceduta da Rosini e Bicchierai a Beniamino di Fernando Sproni, mentre l’altra passò nel 1816 dall’Opera del Duomo allo stesso Sproni. Dopo il rispristino dell’istituzione stefaniana nel 1817 nacque una lunga polemica fra lo Sproni e il Consiglio dell’Ordine riguardo alla manutenzione dell’Orologio, che fu infine restaurato, nel 1823, con i fondi del Tesoro della Religione di Santo Stefano[9].
Nel 1877 il Palazzo fu venduto a Piero Finocchietti e dopo successivi passaggi ereditari, fu acquistato nel 1919 dal conte Alberto della Gherardesca, il quale fece realizzare, non senza polemiche, lavori esterni ed interni in stile neomedioevale, che diedero all’edificio un carattere pittoresco che è stato conservato fino agli anni 80 del Novecento. A cavallo tra gli anni settanta e ottanta venne effettuata, seguendo le regole del restauro conservativo rispondendo ad una doverosa coscienza culturale, la ristrutturazione dell’edificio per la Biblioteca della Scuola Normale Superiore. E’ stata costruita, inoltre, una galleria sotterranea che riunisce le due parti della biblioteca, collegando il Palazzo dell’Orologio al Palazzo della Carovana.
[1] Si tratta di una finestra multipla, divisa da colonnine o da pilastrini in un numero indefinito di aperture, almeno più di quattro.
[2] Cfr. Breviarum Hist. Pis. In MURATORI, op. cit.,XXIV, p. 654.
[3] Ibidem.
[4] Nel 1318 c’è la testimonianza che il carcere era situato sulla Piazza a pochissima distanza dal Palazzo degli Anziani (MURATORI, op. cit., XXIV, p. 654); attorno all’anno 1330 l’edificio viene citatocome la torre de fame a richiamo del triste battesimo de turris de fame nobilium de domu Gualandorum (L. SIMONESCHI, La torre della fame, in “Ponte di Pisa”, 26 gennaio 1902).
[5] Cfr. FREY, op. cit., p. 648, lettera del vasari in Empoli a Don Vincenzo Borghini in Poppiano, del 6 gennaio 1562, nella quale l’architetto lo informava che aveva terminato nel Palazzo dell’Orologio il progetto per il Palazzo della Carovana.
[6] Il casolare venne comprato nel 1566 (cfr. ASPi, OSS, f. 4843, nota del 6 maggio 1566).
[7] ASPi, OSS, f. 2164, ins. s.n. del maggio 1582.
[8] Cfr. l’articolo L’Orologio dei Cavalieri, in “Il Ponte di Pisa”, del 17 febbraio 1907.
[9] ASPi, OSS, f. 103, ins.34 e f. 1807, cc. 6,16.
PALAZZO DELL'OROLOGIO
