L’edificio, situato sul Lungarno Galilei e dotato sul retro di un giardino, racchiude un importante spaccato dell’architettura pisana medievale: è infatti il risultato dell’accorpamento di sette case-torri costruite tra gli inizi del XIII secolo e la metà del XIV secolo.
Il primo ad intervenire sui diversi edifici fu il lanaiolo pisano Betto Stefani, che, agli inizi del Trecento, conferì al palazzo un assetto unitario.
La facciata che oggi vediamo è il risultato dei lavori voluti dalla famiglia Lanfranchi, da cui il palazzo prende il nome. La famiglia dei Lanfranchi era una delle più note casate nobiliari della storia comunale pisana. Essi costituirono uno dei più consistenti nuclei familiari cittadini che non furono dispersi dalla difficile congiuntura della sconfitta subita da Pisa da parte dei fiorentini[1].
L’edificio fu acquistato nel 1539 dal canonico Alessandro di Bartolomeo Lanfranchi che comprò i beni patrimoniali di Dianora, vedova di Giovanni Battista di Pone, confinanti con la proprietà della madre, Sandra dell’Ancroia.
Alessandro, dopo una parziale ristrutturazione, donò l’intero fabbricato inter vivos ai fratelli Carlo e Camillo. Carlo di Carlo Lanfranchi, divenuto per successione ereditaria l’unico proprietario[2], avviò un progetto di ampliamento del palazzo con alcune proprietà limitrofe. Da questo momento la trasformazione dell’edificio avverrà in più riprese e riguarderà due parti distinte, che verranno unificate solo nel 1638.
L’autore delle trasformazioni interne rimane ignoto, il progetto della facciata si presuppone sia, invece, di Gino di Stoldo Lorenzi, uno degli artisti con cui Carlo ebbe contatti mentre era impegnato nel cantiere del Duomo. I lavori della facciata volsero al termine nel 1621 con la realizzazione delle membrature marmoree, del portale e del nuovo stemma della famiglia. Il fronte sul Lungarno non presentava ancora uno sviluppo uniforme: aveva altezze diverse in corrispondenza delle due differenti strutture medievali. La distinzione tra queste unità è ravvisabile ancora oggi nelle differenti altezze degli archi ogivali dell’orditura medievale.
La seconda fase dello sviluppo del complesso è legata agli acquisti della famiglia che implicarono ulteriori ampliamenti. In questo periodo il palazzo apparteneva a Ubaldo, figlio di Carlo, che acquistò dai fratelli Camillo ed Ippolito i due terzi della casa loro spettanti. Alla morte di Ubaldo il palazzo passò al figlio Bartolomeo Lanfranchi Chiccoli, che fece affrescare la volta dell’atrio del palazzo dal pittore Pier Francesco Marchesi. Deceduto Batolomeo, l’edificio passò alla sorella Isabella. Sua figlia Maria Teresa vi abitò successivamente col marito e nel 1765 l’edificio fu dato in affitto a Giovanni Battista Nelli, provveditore di Fiumi e Fossi[3].
Attualmente ospita il Museo della Grafica.
[1] Petralia, 1989, pp. 208-209.
[2] ASP, Archivi Privati Diversi 6.
[3] ASP, Fiumi e Fossi, 1020.
PALAZZO LANFRANCHI
