CAFFE' DELL'USSERO
"In Italia che io sappia, non c'è niente di simile al Palazzo Agostini.Vi hanno fatto un gran buco nel mezzo per collocare uno scudo con sopra un leone rosso e un gallo giallo come insegna di un console, e ne hanno fatto un altro in basso per mettervi l'insegna di un soldato su un cavallo rampante, con la scritta All'Ussero, Caffè" (John Ruskin)
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Con queste parole, Ruskin che soggiornò a Pisa nel 1840, descrive la particolare facciata del palazzo Agostini situato sul Lungarno Pacinotti, e ci conduce direttamente a quello che il piano terra del palazzo ospitava fin dal 1775: il Caffè dell'Ussero, uno dei locali storici italiani più longevi che ha rappresentato un importante punto di aggregazione culturale e sociale nella vita di Pisa, aperto a tutti i cittadini ma soprattutto a studenti e professori dell'Università.
Prima di addentrarci tra le vicende che animarono il locale, soprattutto nell'ottocento, è interessante riportare alcune ipotesi che aleggiano intorno al nome del caffè. Marta Curreli, nel saggio 'Ipotesi sull'insegna e sulla vocazione liberale dell'Ussero[1], rivela come alcuni autori riconducano il nome all'antica insegna di una Locanda dell'Ussero adiacente (in realtà tale locanda era situata Oltrarno in via Garofani), a quanto pare originata dal fatto che in quegli stessi locali erano alloggiati gli Usseri, giunti a Pisa al seguito di Maria Teresa d'Austria e del consorte, Francesco Stefano, Granduca lorenese, nel 1750. Un'altra ipotesi, derivata dalle idee politiche più avanzate degli studenti e dei professori universitari, assidui frequentatori del caffè, farebbe ricondurre il nome al corpo di cavalleria degli Ussari o Usseri, presente in Ungheria fin dal XIV secolo, nazione ugualmente recalcitrante alla dominazione austriaca. Sebbene oggi il Lungarno "di Tramontana"sia insieme agli altri un'arteria del flusso veicolare (solo in estate il traffico è limitato), ai tempi in cui il Caffè dell'Ussero vi aprì i battenti, lo scenario soleggiato lungo l'Arno, rappresentava la caratteristica peculiare, l'identità culturale e l'immagine della città.[2]
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Il periodo di maggior fama del locale è da ricondursi alla prima metà dell'Ottocento, quando l'Italia si apprestava a intraprendere il periodo risorgimentale che l'avrebbe vista riunita in un unico stato.
Negli anni del Risorgimento l'Università di Pisa, insieme ad altre in tutta Italia, furono un focolaio di idee risorgimentali e di fede italiana[3], ed è all'Ussero che gli studenti e i professori si frequentavano al di fuori del contesto accademico ufficiale, alimentando i loro ideali in manifestazioni patriottiche specialmente ogni volta che giungevano notizia di moti nel napoletano o in altri Stati.[4]
Il Caffè dell'Ussero era assiduamente frequentato anche perché vi si potevano trovare le aggiornate notizie su gazzette o giornali clandestini, come Il Conciliatore, La Giovine Italia o altri scritti rivoluzionari. Giornali "scomodi" e studenti rivoluzionari non passarono inosservati alla polizia del Governo Granducale, tanto che
L'Ussero era un locale centrale nella vita degli studenti anche per le occasioni di festa; il superamento degli esami, le immatricolazioni o la semplice voglia di trascorrere momenti in allegra baraonda , rappresentavano il pretesto per frequentare le stanze del piano terra di Palazzo Agostini. Tutto questo è ricordato da alcuni studenti Usserini, tra i quali Giuseppe Giusti, che nell'ottobre del 1833, proprio dal caffè scrisse al padre per aggiornarlo e renderlo partecipe della gioia provata dal superamento di un esame:
"Caro Babbo, Le scrivo in un caffè per darle nuova del mio esame subito questa mattina con l'esito soddisfacente per me, poiché [sic] ho ottenuto tutti i voti favorevoli. E tutto ciò a sua e mia consolazione, per augurio ad un fine migliore questo giugno prossimo. Mi gode l'animo di poter fra tante sue inquietudini procurarle un sollievo qualsiasi, colla speranza di soddisfare sempre più a' suoi desideri"[5]
Giusti era uno studente fuoricorso e, come ricorda un suo concittadino[6] dei giorni nostri, amava passare il tempo all'Ussero piuttosto che studiare, componendo poesie e scherzi satirici, tanto che egli sostenne, tramite un foglio autografato affisso nel locale, di aver imparato di più "stando un'oretta là/che in dieci minuti all'Università".
Oltre ad essere luogo preferito dagli studenti, il Caffè dell'Ussero e i suoi locali attraevano molti giovani nobili e liberali pisani, quali Francesco Roncioni[7], Tommaso Alliata, Francesco Ruschi e Augusto Grassi, i quali preferivano ritrovarsi in un ambiente meno esclusivo, rispetto all'ormai disertato Casino dei Nobili, e al di fuori del contesto strettamente familiare o di ceto. Il locale svolse un compito di innovazione culturale e sociale, come luogo di incontro intersociale e interclassista per la società pisana, attraverso l'incontro della nascente borghesia cittadina, sempre più vicina e influenzata dagli ideali liberali e risorgimentali che in quell'epoca si facevano largo in tutta Italia.
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Fra il 1846 e il 1848 furono molte le discussioni che infiammarono i frequentatori del Caffè; due avvenimenti in particolare video per protagonisti gli stessi studenti abituali dell'Ussero e vivacizzarono la vita pisana.
Uno di questi vide contrapporsi il professor Giuseppe Montanelli e il Vicario generale, Luigi della Fanteria.
Il professore fu a capo di una protesta colorita in seguito all'arrivo nella città di alcune suore del Sacro Cuore di Gesù, soprannominate Gesuitesse, per volere della granduchessa Maria Ferdinanda di Sassonia, la quale incaricò il Vicario di trovarle una sistemazione. Scritte esplicite, disegni grotteschi e proteste urlate sotto casa del Vicario, furono l'arma sovversiva della scolaresca capeggiata dal giovane professor Montanelli. Egli stesso nelle sue Memorie riporta il racconto della vicenda nel capitolo "La protesta pisana contro il gesuitismo"[8].
L'altro avvenimento ebbe ancora come protagonisti i frequentatori dell'Ussero e questa volta direttamente l'arciduca Ferdinando d'Austria. Ritenuto responsabile della repressione all'insurrezione polacca a Tarnow, la notte del 5 marzo 1847, fu vittima incolume di un attentato presso la sua residenza pisana di palazzo Tobler. Il gesto di dissidenza si manifestò in una violenta esplosione dei vetri delle finestre dell'edificio e anche questa volta gli artefici furono gli studenti usserini. La vivace protesta continuò giorni dopo con insulti diretti ancora all'arciduca diretto alla tranquilla villa della campagna pisana, e provocò la reazione dell'ambasciatore austriaco che informata la corte viennese ventilò la minaccia di soppressione dell'Ateneo Pisano.[9]
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L'entusiasmo rivoluzionario e risorgimentale degli studenti universitari pisani sfociò, nel 1848, nell'adesione volontaria al Battaglione Universitario, sotto la guida degli stessi professori con cui condividevano gli ideali.
Due terzi degli iscritti all'Ateneo pisano, 389 su 621, partirono volontari per scrivere una gloriosa pagina nella prima Guerra d'Indipendenza sui campi di Curtatone e Montanara. Molti di essi erano conosciuti con i nomignoli goliardici con i quali si chiamavano nelle sere di baldoria al Caffè dell'Ussero:Re di Picche, Giuraddio, Refenero, Generale, Geppetto, Buggerìo, Sacrilegio, Cicoria.[10]
Fu una lunga ed entusiastica marcia, animata dalle note degli inni patriottici tra cui "Addio mio Bella, addio!"[11], da Lucca dove arrivarono in treno, fino a campi di battaglia in cui molti caddero, mal equipaggiati e inesperti.[12]
Un secondo tentativo di riorganizzazione del Battaglione, venne riproposto nel 1859 per partecipare alla seconda Guerra di Indipendenza, a cui partecipò un numero esiguo di studenti, non accompagnati dai professori.
[1] Presenti in L'Ussero:un caffè "univeristario"nella vita di Pisa, note fra cronaca storia e letteratura, 2000, Mario Curreli (a cura di)
[2] A.Agostini, Il Caffè degli Universitari, p.63, in L'Ussero:un caffè "univeristario"nella vita di Pisa, note fra cronaca storia e letteratura, 2000, Mario Curreli (a cura di)
[3] L.Carle, Dinamiche identitarie, pp.195-196, Firenze, 2012
[4] Cfr M, Curreli, L'Ussero nei rapporti di un informatore anonimo, p.71, in L'Ussero:un caffè "univeristario"nella vita di Pisa, note fra cronaca storia e letteratura, 2000, Mario Curreli (a cura di)
[5] G.Giusti, Epistolario, a cura di F.Martini, Le Monnier, Firenze 1932, Vol I p.21
[6] Cfr.Marco Malvaldi, scrittore pisano, riporta quanto detto nel saggio Scacco alla Torre, Pisa 2011;il concetto espresso dal Giusti è ribadito anche nel suo volume Memorie di Pisa.
[7] Cfr. A.Panaija, M.Curreli, Primi fermenti risorgimentali, pp 87 in L'Ussero:un caffè "universitario"nella vita di Pisa, note fra cronaca storia e letteratura, 2000, Mario Curreli (a cura di) Francesco, chiamato Cecco(1789-1863)fu uno dei capi del movimento liberale pisano negli anni '30-'31:avrebbe dovuto comandare le due centurie di rivoluzionari pisani, una formata dagli studenti, l'altra formata dai cittadini;da sua figlia Egeria ebbe origine il ramo dei Camici Roncioni
[8] Cfr.G.Montanelli, Memorie sull'Italia e specialmente toscana dal 1814 al 1850, Sansoni Firenze, 1963
[9] Cfr. A.Panaija, M.Curreli, Primi fermenti risorgimentali, pp 87 in L'Ussero:un caffè "universitario"nella vita di Pisa, note fra cronaca storia e letteratura, 2000, Mario Curreli (a cura di)
[10] Marta Curreli, A.Panajia, Arriva il quarantotto, p.97, in L'Ussero:un caffè "universitario"nella vita di Pisa, note fra cronaca storia e letteratura, 2000, Mario Curreli (a cura di)
[11] Questo inno patriottico fu provato per la prima volta a Pisa nel marzo del'48, sotto la direzione dell'autore studente Carlo Alberto Bosi, in casa di Caterina Canestrelli che lo accompagnava col pianoforte Cfr. Marta Curreli, A.Panajia, Arriva il quarantotto, p.97, in L'Ussero:un caffè "universitario"nella vita di Pisa, note fra cronaca storia e letteratura, 2000, Mario Curreli (a cura di)
[12] L.Carle, Dinamiche identitarie, pp.195-196, Firenze, 2012